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Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa, che determina la morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina (un neurotrasmettitore responsabile di numerose funzioni cerebrali). Ad oggi, non esistono cure definitive per il Parkinson, ma solo farmaci e attività fisioterapiche e riabilitative che consentono l’attenuazione dei sintomi. Uno studio della Nanyang Technological University di Singapore e della Harvard University pubblicato su Nature Chemical Biology rivela che ci sarebbe una coppia molecolare in grado di rallentare l’avanzare del morbo di Parkinson: prostaglandina E1 (Pge1) e prostaglandina A1 (Pga1).
Il team di ricercatori, a seguito di test effettuati su topi affetti da Parkinson, ha notato che la prostaglandina E1 e la prostaglandina A1 sembravano rappresentare la soluzione per il mantenimento di alti i livelli di dopamina, rallentando, così, il procedere della malattia. In effetti, le due prostaglandine si legano alla proteina Nurr1 (Nuclear receptor related 1) attivandola. Infatti, è già noto da molto tempo in ambito medico, che la proteina Nurr1, nei pazienti affetti da Parkinson, ha valori molto bassi. Nello studio pubblicato su Nature, il team ha riscontrato che, attivando la suddetta proteina attraverso le prostaglandine E1 e A1 nei topi malati, essi presentavano notevoli miglioramenti nelle loro funzioni motorie. Sebbene non si possa ancora cantare vittoria, gli studiosi si dicono entusiasti, poiché ritengono che sia un buon punto di partenza per la sperimentazione di nuovi farmaci atti ad attivare Nurr1 e procederanno con ulteriori studi, percorrendo questa strada.
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